venerdì 4 marzo 2016

Figgatta de Blanc - Elio e le Storie Tese

Parlare del nuovo disco del proprio gruppo preferito è sempre stata un'impresa ardua: si rischia di esprimere pareri poco obiettivi, deludendo inevitabilmente le aspettative di chi legge. Tuttavia, spinto dal grande affetto e dalla devozione che mi legano ad Elio e le Storie Tese, cercherò comunque di presentare una panoramica generale del loro nuovo lavoro, uscito in pieno periodo sanremese.
Ma partiamo dall'inizio: era una domenica di dicembre piuttosto triste e cupa. La voce del marpione Massimo Giletti, che in via del tutto eccezionale usciva dal mio televisore acceso, annunciava i "big" della sessantaseiesima edizione del Festival di Sanremo. Decido di spegnere tutto e di scendere a fare due passi. Tornato a casa, scopro che gli Elio e le Storie Tese saranno in gara con un brano dal titolo "Vincere l'odio".
Da fan accanito, raccolgo varie indiscrezioni in merito all'uscita del prossimo album e mi godo le foto scattate in studio nel corso delle sessioni di registrazione, soddisfatto di rivedere Sergione seduto nella sua postazione.
Il quarto giorno della settimana sanremese esce finalmente Figgatta de Blanc: decido di acquistarlo subito, curioso di ascoltare il resto della tracklist.


L'introduzione mi fa scappare un sorriso: chi ricorda il celebre colloquio fra adolescenti che apriva Elio samaga hukapan kariyana turu? Bene, i nostri hanno deciso di girare al contrario ogni sillaba pronunciata da loro stessi circa 26 anni fa. Celebrazione (dovuta) ad un pilastro della musica italiana o semplice divertissemént in puro stile EelST? Passano pochi secondi e siamo travolti da un'ondata di puro groove: Vacanza Alternativa. Faso e Christian Meyer, accompagnati da un'ottima sezione fiati arrangiata dal Maestro Demo Morselli, sprigionano parte delle potenzialità concesse dalla loro alchimia perfetta, testimoniata da un curriculum straordinario. Il lavoro sui suoni è ineccepibile: come al solito gli Elii scelgono di affidarsi ad alcuni fra i più meritevoli tecnici in circolazione, non tralasciando ogni minimo particolare. Protagonista del brano è un giovane uomo desideroso di passare il periodo delle vacanze in compagnia della nonna e delle sue inseparabili amiche, filologhe del fungo (e non solo...). Da segnalare la straordinaria parte vocale di Paola Folli, l'unica cantante al mondo capace di far venire la pelle d'oca intonando la ricetta della polenta.
Nick the Nightfly introduce il brano più soul dell'album (She Wants), cantato in via del tutto eccezionale da Sergio Antibiotice. Vi sono echi dello Stevie Wonder periodo Motown, dei Wings di fine anni '70 e degli Steely Dan di Aja. Avvertiamo una prima sostanziale differenza rispetto al precedente lavoro discografico della band (L'album biango): l'intesa musicale stabilitasi tra gli Elii riesce a concretizzarsi in brani più efficaci, in grado di valorizzare la forza dell'ensemble, assumendo una forma ragionata e mai banali. In questo caso l'oggetto di interesse è la discriminante del posterior. Cos'è? Ascoltatela e lo scoprirete.
Parla come mangi è un brano che tutti i fan di EelST si sarebbero aspettati: un'analisi lucida e attenta sull'uso delle parole britanniche in territorio italico, accompagnata da una base sostanzialmente rock. Il cantato diviso fra Elio, Cesareo, Faso e Rocco Tanica rappresenta un vero punto di forza del pezzo. La chiusura è affidata totalmente alla voce di Mangoni: citando un po' se stesso in Supergiovane e un po' la voce elettronica di Fitter Happier dei Radiohead, l'architetto ci intrattiene per più di un minuto con un elenco di termini inglesi ampiamente diffusi worldwide!
Il mistero dei bulli può non colpire al primo ascolto, ma la dolcezza degli ultimi versi del testo farebbe sciogliere persino i tamarri paleolitici. Come testimoniato dal filmato di una videochat che ha visto protagonisti Elio e Rocco Tanica, questo brano ha conosciuto una genesi piuttosto lunga. Andate al minuto 3:14 di questo video per credere!
China disco bar è un'altra piacevole sorpresa: quali usanze si nascondono nella China Town ospitata da ogni città? La voce cantante, immergendosi nelle danze della discomusic cinese, trova la propria anima gemella ed un'assistenza rapida per la rottura del vetro del proprio smartphone. Segue Quinto ripensamento, rivisitazione della celebre colonna sonora de La Febbre del Sabato Sera, una sintesi efficace delle fasi che scandiscono una relazione di coppia, coadiuvata da un ottimo Ludwig Van Beethoven. L'introduzione al brano è affidata a Radio Coatta Classica, emittente fittizia ideata da Lillo e Greg nel corso della trasmissione radiofonica "610", a mio modesto parere uno dei punti più esilaranti dell'intero album.
Il brano successivo porta con sé una componente emozionale non da poco: la voce del grande Francesco Di Giacomo rivive attraverso un arrangiamento sublime, degno della migliore scuola progressive italiana. Come riportato nel libretto dell'album, il brano è stato scritto e registrato nel 2005 da Paolo Sentinelli e dallo stesso Di Giacomo. Tutto iniziò dalla promessa di una futura collaborazione fra il Banco e gli EelST, fatta fra le quinte del concerto del Primo Maggio 2013; a causa della scomparsa prematura del mai troppo compianto Big, apparentemente sembrò impossibile poter realizzare il sogno dei nostri, da sempre fan dichiarati del gruppo di Nocenzi e Di Giacomo. Sarà Duccio Pasqua, giornalista e amico del cantante, a proporre agli stessi Elii di lavorare sull'arrangiamento di un brano già di per sé promettente. Il risultato è Bomba intelligente, un vero "ordigno" pronto ad esplodere nei nostri cuoricioni. Ottimo il solo del grande Mauro Pagani, eseguito all'unisono con la chitarra di Civas.
Il successivo Inquisizione stupisce per le citazioni pythoniane ed il mood in perenne bilico fra fusion e progressive: il solo di Faso e la coda strumentale, arricchita ancora una volta dalla sezione fiati e da un eccellente lavoro ritmico, sono pura gioia per le orecchie. Segue dunque Ritmo sbilenco: l'intro in odore di Jethro Tull, seguita da un delizioso chitarra e voce ispirato alle sonorità di Thick as a brick, conducono l'ascoltatore ad una disanima sul genere progressive e sulle sue scansioni ritmiche quasi sempre irregolari e particolarmente impegnative per l'ascoltatore desideroso di battere le mani a tempo. La successiva parte velocizzata cantata dal chitarrista Cesareo riflette sull'esistenza di un ipotetico genere regressive e sulla distruzione del suddetto. Ancora una volta si segnala l'intervento vocale eccellente di Paola Folli.
Il rock della tangenziale è sicuramente il brano meno ispirato dell'intero LP: non è tanto la presenza di J-Ax a scombussolare l'equilibrio generale, quanto la qualità generale del connubio testo-musica, in cui traspare in misura decisamente minore il labor limae che caratterizza da sempre la struttura canzone di EelST. Il livello si alza nuovamente con Cameroon, che consente la continuazione del discorso lasciato in sospeso da Parco Sempione: ancora una volta il batterista Christian Meyer si cimenta nello studio di tempi di matrice africana, probabilmente mai ascoltati su un disco pop italiano. Il successivo I delfini nuotano mette d'accordo i fan di vecchia data ed i nuovi adepti della religione eliica: il nonsense che caratterizzò i brani risalenti al periodo dei sold out nei piccoli locali milanesi (Magia Music Meeting, Zelig...), precedenti all'uscita del primo LP e in seguito raccolti  su richiesta degli estimatori nell'ottimo Esco dal mio corpo e ho molta paura, sembra rivivere in questo piccolo gioiello. Introdotto da un giro di accordi estremamente minimalista, il brano presenta per i primi minuti un testo vagamente delirante spezzettato in modo alquanto originale, cioè inserendo una parola a battuta. Entrando nella seconda parte del brano, abbiamo l'ingresso delle voci di Faso, Cesareo e Rocco: ogni quarto di battuta presenta una parola tratta un discorso diverso. Il risultato è amabilmente folle.
Il primo giorno di scuola, uscito all'inizio di settembre, non era stato accolto con particolare entusiasmo dai fan, probabilmente a causa dell'assenza di un arrangiamento corposo e della persistenza di aspettative sempre alte per l'uscita di un singolo di EelST. Rispetto al singolo, la studio version presenta una buona sezione fiati, in grado di rendere più caratterizzante il brano nel complesso.
La chiusura è affidata al brano sanremese Vincere l'odio, ingiustamente classificatosi dodicesimo: una sequenza di 7 ritornelli ne scandisce l'intera durata, tenendo viva l'attenzione dell'ascoltatore per 3 minuti e 50. Si passa dalla storia del femminiello residente a Napoli ad un canto d'amore rivolto ad un'energumena di 90 chili. Nonostante gli Elii avessero dichiarato il loro desiderio di essere eliminati e ripescati nel corso della kermesse, il pubblico ha concesso loro di raggiungere la finale senza particolari difficoltà.  Significativa la precisazione inserita dal gruppo nel libretto: «vincere l'odio significa sconfiggerlo, ma anche aggiudicarselo». A mio avviso non potrebbe esistere una frase migliore per descrivere l'operazione culturale che sta alla base della produzione della più grande band italiana degli ultimi 25 anni.

lunedì 11 gennaio 2016

"Knowledge comes with death's release"

All’inizio del 2013 mi colse di sorpresa pubblicando un singolo mozzafiato, seguito di lì a poco da un LP che si è imposto come uno dei dischi che ho ascoltato di più negli ultimi anni ("The Next Day"). Poco da stupirsi: il creatore di “Hunky Dory”, monumento imprescindibile del pop e fonte inesauribile di spunti musicali, mi ha concesso di vivere queste ed altre emozioni.
Ha aperto il 2016 regalando al mondo un album singolare, un unicum all'interno di una discografia immensa e qualitativamente invidiabile. Nel corso del primo ascolto, ho ricevuto un’ulteriore conferma della sua totale dedizione per la sperimentazione e per l’esplorazione di sentieri mai battuti, lasciandomi catturare dalla forza evocativa dei testi e dalle sonorità trascinanti. Chi avrà il piacere di avvicinarsi a “Blackstar” non potrà far altro che fruire di un’esperienza sensoriale straordinaria.
Vi troverà tutto ciò che è stato David su questa terra: l’unione di più tendenze, la strenua volontà di non ripetersi e di dare alla luce qualcosa che conservi nel tempo il consueto spessore, guadagnandosi l’immortalità di cui godrà per sempre il suo autore.

"Throw me tomorrow
Now that I've really got a chance 
Throw me tomorrow 
Everything's falling into place
Throw me tomorrow
Seeing my past to let it go
Throw me tomorrow 
Only for you I don't regret
That I was Thursday's child"






domenica 3 gennaio 2016

Il 2016 e la precocità

Mi piacerebbe inaugurare questo piccolo e modesto spazio con le ultime strazianti immagini televisive che il 2015 ci ha lasciato. Sì, mi rendo conto del leggero ritardo, ma la tentazione di parlarne era veramente troppo forte.
I cultori del trash come il sottoscritto, probabilmente impegnati in sfarzose cene di fine anno all’insegna dell’amarcord o in danze sfrenate su basi più o meno discutibili, hanno versato lacrime amare guardando in ritardo le dolci sorprese che mamma Rai e cugina (quella un po’ mignotta) Mediaset hanno riservato per i fortunati spettatori, che fino a pochi minuti prima della mezzanotte si erano lamentati sonoramente per aver rifiutato quel prestigioso invito alla seratona revival con protagonisti/e assoluti/e le sorelle Bandiera in un’inedita veste new wave a favore di una sfigatissima serata fra le mura domestiche. Bene, la loro rivalsa è arrivata in tempo. 
Nonostante lo spettatore solitario fosse più incline ad un capodanno con protagonista assoluto Umberto Smaila, all’insegna dell’età dell’oro di esiodea memoria, ha accolto con stoica rassegnazione la presenza del Maestro Luigi D’Alessio, per gli amici semplicemente Gigi. Per l’occasione il profeta delle “cose dette mai” ha voluto chiamare un po’ di amici, giusto quelli necessari a far alzare un po’ gli ascolti da Scampia in su.
 Allora ecco annunciati in anteprima i Kolors (piccola chicca: io e un amico abbiamo seriamente rischiato di incontrarli in un albergo romano quest’estate), Bianca Atzei, il rapper Briga, Dolcenera, Nek, l’attore Jordi Coll alias Martin Castro nella serie tv “il segreto” (escamotage per accaparrassi 2/3 ascoltatori dalla penisola iberica), l’immancabile Anna Tatangelo e, come tutti ben sanno, il rocker Gianluca Grignani, definito da un (poco) sobrio Vasco Rossi “il John Lennon italiano” in tempi non sospetti. Premetto che l’artista in questione, a mio modesto parere, abbia scritto un paio di dischi decenti sull’onda del britpop di fine anni ‘90. Certo, da qui a definirli rivoluzionari ne passa, ma è sempre qualcosa...

Ecco allora il momento tanto atteso: il giro di accordi asfissiante che introduce “la mia storia tra le dita” emerge dall’orchestra e Gigi delizia il suo pubblico con la prima parte della strofa, fino a quando una presenza massiccia emerge dalle quinte. Entra fuori tempo, strascicante. Gigi lo tiene in piedi con un sorriso di circostanza, che “apre il paradiso” al pubblico a casa. L’odore di tavernello è forte. Il caro Gianluca non va a tempo neanche per sbaglio, non suona la sua acustica e condivide forti sguardi di intesa con Gigione una volta giunto alla strofa cardine del brano: “ma quali buoni amici maledetti? Io un amico lo perdono, mentre a te ti amo.” 
Il pubblico è in delirio. Gigi posa la chitarra dell’amicone prima della seconda strofa: è chiaro che il chitarrista ritmico dell’orchestra sia dentro un vero e proprio incubo.
Re minore Sol Do7+ Fa: ecco la ricetta magica proposta da Grignani per far suonare da casa anche il nostro amico solitario, adesso incredulo davanti alla tv.
Proprio quando tutto sembrava andare per il verso giusto, Gigi compie l’errore della sua vita: consegna nuovamente la chitarra a mr Cotechino.
Ecco partire un’esibizione che appare, almeno all’inizio, vagamente decente: si intravedono da lontano 2/3 note al posto giusto ed un arpeggio prevalentemente pulito. Ma la scomparsa dello strumento nel ritornello scatena inevitabilmente il coro del pubblico e i controcanti partenopei di Luigi. Partono le smadonnate più atroci, vibrati mancati e barcollamenti generali, che trovano fine con la frase lapidaria: “voi siete il motivo per il quale io continuo ad andare avanti.”
Brevi ma intensi i fotogrammi del chitarrista ritmico in chiusura dell’esibizione, al quale auguriamo un anno pieno di soddisfazioni e privo di fatiche vagamente assimilabili a questa. Ti vogliamo bene.
Il video completo dell’esibizione:


Su Rai Uno nel frattempo si trasmette il capodanno a Matera, Capitale della Cultura per il 2019, condotto da Amadeus, che ricordiamo per un ottimo faccia a faccia con la figura demoniaca di Pedro, e dal lucano Rocco Papaleo. “L’anno che verrà” è un format che ben conosciamo: lo spettatore solitario ne è consapevole e lo accoglie con circostanza, non aspettandosi niente di particolarmente interessante.
 Dopo i brividi dionisiaci causati dal nostro Gianlucone, cosa può succedere di più? La prima bomba arriva con uno spoiler gigantesco, assente persino dalle bacheche degli amici più stronzi: il finale dell’ultimo capitolo di Star Wars. E’ uno spettatore da casa, presumibilmente un conoscente del nostro amico solitario, l’autore di questa simpatica burla:

Fino a questo momento potremmo anche riderci su. Tuttavia fra i messaggi di capodanno emerge anche un augurio molto particolare, fatto evidentemente da un assiduo frequentatore della parrocchia tarantina tra un drink analcolico e l’altro:



Le braccia aperte del grande Rocco Papaleo, attore e regista che adoro da sempre, ignaro dello scempio trash che si sta svolgendo sulle sue gambe, accolgono gli applausi degli abitanti della sua terra con gioia.

Ma l’immagine con cui vorrei lasciarvi è questa: il brindisi anticipato di un minuto, in puro stile Fantozzi, una scena che potrebbe suscitare riflessioni filosofiche non indifferenti, ma che per il momento mi limiterò a riportare: