lunedì 11 gennaio 2016

"Knowledge comes with death's release"

All’inizio del 2013 mi colse di sorpresa pubblicando un singolo mozzafiato, seguito di lì a poco da un LP che si è imposto come uno dei dischi che ho ascoltato di più negli ultimi anni ("The Next Day"). Poco da stupirsi: il creatore di “Hunky Dory”, monumento imprescindibile del pop e fonte inesauribile di spunti musicali, mi ha concesso di vivere queste ed altre emozioni.
Ha aperto il 2016 regalando al mondo un album singolare, un unicum all'interno di una discografia immensa e qualitativamente invidiabile. Nel corso del primo ascolto, ho ricevuto un’ulteriore conferma della sua totale dedizione per la sperimentazione e per l’esplorazione di sentieri mai battuti, lasciandomi catturare dalla forza evocativa dei testi e dalle sonorità trascinanti. Chi avrà il piacere di avvicinarsi a “Blackstar” non potrà far altro che fruire di un’esperienza sensoriale straordinaria.
Vi troverà tutto ciò che è stato David su questa terra: l’unione di più tendenze, la strenua volontà di non ripetersi e di dare alla luce qualcosa che conservi nel tempo il consueto spessore, guadagnandosi l’immortalità di cui godrà per sempre il suo autore.

"Throw me tomorrow
Now that I've really got a chance 
Throw me tomorrow 
Everything's falling into place
Throw me tomorrow
Seeing my past to let it go
Throw me tomorrow 
Only for you I don't regret
That I was Thursday's child"






domenica 3 gennaio 2016

Il 2016 e la precocità

Mi piacerebbe inaugurare questo piccolo e modesto spazio con le ultime strazianti immagini televisive che il 2015 ci ha lasciato. Sì, mi rendo conto del leggero ritardo, ma la tentazione di parlarne era veramente troppo forte.
I cultori del trash come il sottoscritto, probabilmente impegnati in sfarzose cene di fine anno all’insegna dell’amarcord o in danze sfrenate su basi più o meno discutibili, hanno versato lacrime amare guardando in ritardo le dolci sorprese che mamma Rai e cugina (quella un po’ mignotta) Mediaset hanno riservato per i fortunati spettatori, che fino a pochi minuti prima della mezzanotte si erano lamentati sonoramente per aver rifiutato quel prestigioso invito alla seratona revival con protagonisti/e assoluti/e le sorelle Bandiera in un’inedita veste new wave a favore di una sfigatissima serata fra le mura domestiche. Bene, la loro rivalsa è arrivata in tempo. 
Nonostante lo spettatore solitario fosse più incline ad un capodanno con protagonista assoluto Umberto Smaila, all’insegna dell’età dell’oro di esiodea memoria, ha accolto con stoica rassegnazione la presenza del Maestro Luigi D’Alessio, per gli amici semplicemente Gigi. Per l’occasione il profeta delle “cose dette mai” ha voluto chiamare un po’ di amici, giusto quelli necessari a far alzare un po’ gli ascolti da Scampia in su.
 Allora ecco annunciati in anteprima i Kolors (piccola chicca: io e un amico abbiamo seriamente rischiato di incontrarli in un albergo romano quest’estate), Bianca Atzei, il rapper Briga, Dolcenera, Nek, l’attore Jordi Coll alias Martin Castro nella serie tv “il segreto” (escamotage per accaparrassi 2/3 ascoltatori dalla penisola iberica), l’immancabile Anna Tatangelo e, come tutti ben sanno, il rocker Gianluca Grignani, definito da un (poco) sobrio Vasco Rossi “il John Lennon italiano” in tempi non sospetti. Premetto che l’artista in questione, a mio modesto parere, abbia scritto un paio di dischi decenti sull’onda del britpop di fine anni ‘90. Certo, da qui a definirli rivoluzionari ne passa, ma è sempre qualcosa...

Ecco allora il momento tanto atteso: il giro di accordi asfissiante che introduce “la mia storia tra le dita” emerge dall’orchestra e Gigi delizia il suo pubblico con la prima parte della strofa, fino a quando una presenza massiccia emerge dalle quinte. Entra fuori tempo, strascicante. Gigi lo tiene in piedi con un sorriso di circostanza, che “apre il paradiso” al pubblico a casa. L’odore di tavernello è forte. Il caro Gianluca non va a tempo neanche per sbaglio, non suona la sua acustica e condivide forti sguardi di intesa con Gigione una volta giunto alla strofa cardine del brano: “ma quali buoni amici maledetti? Io un amico lo perdono, mentre a te ti amo.” 
Il pubblico è in delirio. Gigi posa la chitarra dell’amicone prima della seconda strofa: è chiaro che il chitarrista ritmico dell’orchestra sia dentro un vero e proprio incubo.
Re minore Sol Do7+ Fa: ecco la ricetta magica proposta da Grignani per far suonare da casa anche il nostro amico solitario, adesso incredulo davanti alla tv.
Proprio quando tutto sembrava andare per il verso giusto, Gigi compie l’errore della sua vita: consegna nuovamente la chitarra a mr Cotechino.
Ecco partire un’esibizione che appare, almeno all’inizio, vagamente decente: si intravedono da lontano 2/3 note al posto giusto ed un arpeggio prevalentemente pulito. Ma la scomparsa dello strumento nel ritornello scatena inevitabilmente il coro del pubblico e i controcanti partenopei di Luigi. Partono le smadonnate più atroci, vibrati mancati e barcollamenti generali, che trovano fine con la frase lapidaria: “voi siete il motivo per il quale io continuo ad andare avanti.”
Brevi ma intensi i fotogrammi del chitarrista ritmico in chiusura dell’esibizione, al quale auguriamo un anno pieno di soddisfazioni e privo di fatiche vagamente assimilabili a questa. Ti vogliamo bene.
Il video completo dell’esibizione:


Su Rai Uno nel frattempo si trasmette il capodanno a Matera, Capitale della Cultura per il 2019, condotto da Amadeus, che ricordiamo per un ottimo faccia a faccia con la figura demoniaca di Pedro, e dal lucano Rocco Papaleo. “L’anno che verrà” è un format che ben conosciamo: lo spettatore solitario ne è consapevole e lo accoglie con circostanza, non aspettandosi niente di particolarmente interessante.
 Dopo i brividi dionisiaci causati dal nostro Gianlucone, cosa può succedere di più? La prima bomba arriva con uno spoiler gigantesco, assente persino dalle bacheche degli amici più stronzi: il finale dell’ultimo capitolo di Star Wars. E’ uno spettatore da casa, presumibilmente un conoscente del nostro amico solitario, l’autore di questa simpatica burla:

Fino a questo momento potremmo anche riderci su. Tuttavia fra i messaggi di capodanno emerge anche un augurio molto particolare, fatto evidentemente da un assiduo frequentatore della parrocchia tarantina tra un drink analcolico e l’altro:



Le braccia aperte del grande Rocco Papaleo, attore e regista che adoro da sempre, ignaro dello scempio trash che si sta svolgendo sulle sue gambe, accolgono gli applausi degli abitanti della sua terra con gioia.

Ma l’immagine con cui vorrei lasciarvi è questa: il brindisi anticipato di un minuto, in puro stile Fantozzi, una scena che potrebbe suscitare riflessioni filosofiche non indifferenti, ma che per il momento mi limiterò a riportare: